Se c’è un pianista, nel Novecento, al quale si possa applicare la categoria di “aura” questi è certamente Arturo Benedetti Michelangeli. Un suono, il suo, nel quale si univano unicità e trascendenza. Partendo da alcuni incontri, avvenuti tra il 1994 e il 1995, l’autore ritrae il maestro nel suo ritiro a Pura, vicino a Lugano. Emerge il profilo di un uomo dai tratti francescani: l’ascetismo s’era fatto forma di vita, in una circolarità tra arte ed esistenza. Come se l’interpretazione musicale facesse tutt’uno con un’etica di rara intransigenza. Sono pagine che non descrivono Michelangeli, ma con accenni – alcuni dialoghi, i gesti, i silenzi, le collere – cercano di trasmettere al lettore quell’indefinibile tonalità che l’ha reso un classico.