Il metodo psicoanalitico delle libere associazioni è un metodo generale di investigazione dell’attività psichica umana. Elaborato a partire dal metodo catartico, esso si realizza in ambito clinico mediante regole tecniche finalizzate in parte a delimitare il contesto operativo, in parte a realizzare l’indagine vera e propria. Le libere associazioni consentono di osservare idee improvvise o in apparenza non pertinenti che affiorano alla coscienza dell’analizzando. E anche di osservare gli impedimenti sia al loro libero fluire sia alla loro comunicazione. Diventa allora importante creare le condizioni affinché l’impedimento sia individuato e isolato, riconosciuto per quello che è, un contenuto inconscio proveniente dalle acquisizioni personali del paziente, e infine interpretato e compreso. E tutto questo deve accadere nel corso del trattamento e deve essere analizzato cercando di non introdurre “materiale” dell’analista, cercando insomma di consentire al paziente di fare davvero esperienza di sé, del proprio mondo inconscio. Questo libro mostra come il metodo delle libere associazioni non solo informi la relazione paziente-analista, ma sia alla base del pensiero stesso della psicoanalisi. Mostra, inoltre, come debba essere applicato e in base a quali motivazioni, quali difficoltà comporti e quali illuminanti aperture consenta su se stessi.
Un “intervento di routine, una cosa da nulla”, si ripete il protagonista, ovvero Vauro stesso, mentre varca l’ingresso della clinica dove verrà operato. Tanto più che si sente in formissima: ma allora perché il personale non vuole sentire ragioni e lo costringe a salire su una sedia a rotelle? E da dove viene quel cigolio fastidioso? Dalla carrozzella su cui lo stanno portando nella sua stanza o dalle ruote della bicicletta di fortuna che l’infermiere Fahrid costruì un giorno per un ragazzino mutilato dalle mine, lassù sulle montagne afgane, nell’ospedale di Emergency? Sta di fatto che quello scricchiolio rimette in moto la memoria: da quel momento i ricordi giocano a rincorrersi, tendono tranelli, si susseguono incalzanti nella mente. Con l’unica compagnia di una paura inattesa, che ha assunto le sembianze immaginarie di un cagnolino ringhioso, Vauro rivive la tragicomica scoperta delle gioie del sesso solitario grazie al disegno della donna di Neanderthal su un’enciclopedia per ragazzi, l’amore esacerbato per il padre fedifrago e quello doloroso per una madre ferita. E poi viaggi in luoghi lontani, tra baraccopoli africane e guerre in Medioriente, volti di ragazzini afgani e palestinesi, sorrisi, scene drammatiche e spassosi siparietti, in un emozionante alternarsi di lacrime e risate, dolori e gioie. Frenetico e variopinto com’è la vita.
L’ ultima lettera di Benito. Mussolini e Petacci: amore e politica a Salò 1943-45
Lingua: Italiano
Tanto per cominciare si chiama Clara, non Claretta. Così vuole essere chiamata lei. Così la chiama Mussolini nelle 318 lettere che le scrive tra il 10 ottobre 1943 e il 18 aprile 1945, durante i seicento giorni della repubblica di Salò. Dal fondo Petacci, conservato da sessantanni nei faldoni dell’Archivio centrale dello Stato, emerge una corrispondenza personale destinata a cambiare l’immagine storica di Clara Petacci e, insieme, a riscrivere la vulgata sulla “repubblica di Mussolini”. Perché Clara, fascista totale e antisemita, nelle lettere si rivela non solo confidente sentimentale, ma anche consigliere politico, interprete privilegiata del pensiero del Duce in quanto sua prima amante in carica. Le lettere rivelano due certezze: per Clara, Mussolini è un mito quotidianamente rinnovato in un flusso inarrestabile di parole; per Mussolini, Clara è l’ultima risorsa esistenziale mentre sente crollare il mondo intorno a sé. Fu vero amore. Anche. A Salò il sesso viene usato come un’arma per continuare la politica con altri mezzi. Massima, infatti, è la vigilanza di Clara per le amanti occasionali e saltuarie del Duce. Amore e politica, militanza e passione, sesso e ideologia: la relazione tra Clara e Benito a Salò non è stata una semplice storia d’amore perché la politica ne è stata il motore sino alla fine, quando la scena madre di piazzale Loreto – imprimendole il sigillo della storia – l’ha trasformata in un legame simbolico e indissolubile.
Questo album illustrato racconta attraverso più di duecento fotografie la vita di un uomo eccezionale che si intreccia con le vicende legate all’invasione del Tibet da parte della Cina e all’esilio in India (di cui nel 2009 ricorre il cinquantesimo anniversario). Le fotografie sono spesso documenti storici mai visti e sono commentate dallo stesso Dalai Lama, che rievoca il suo passato, parla delle sue idee e racconta gli incontri con persone di tutto il mondo, la sua vita quotidiana, le sofferenze del suo popolo. Con la prefazione di Matthieu Ricard e testi introduttivi di Claudine Vernier-Palliez.
Zlatan Ibrahimovic, fuoriclasse del pallone, una storia unica. Quella di un calciatore che simboleggia da solo il futuro dello sport più popolare del mondo. Sfrontato, sicuro di sé fino al limite estremo, chiuso e refrattario alle regole comuni del campione amico della gente e dei tifosi. Dall’infanzia nel quartiere ghetto di Rosengard, alle porte di Malmö, padre bosniaco e madre croata, alla ribalta mondiale come campione controverso e senza paragoni possibili. Una storia che è soprattutto italiana, dal 2004 a oggi. Ibra ha attraversato come un cyborg dai mille talenti la fase più difficile del calcio di casa nostra, uscendone sempre indenne e vincente, continuando a mantenere un solo punto di riferimento: se stesso, le sue incredibili potenzialità e i sentimenti forti che suscita nei tifosi.
Quaranta frustate. La mia ribellione alla legge degli uomini
Lingua: Italiano
È un giorno di luglio quando Lubna, una giovane giornalista di Karthoum, viene arrestata dalla polizia in un ristorante. Il suo crimine è aver osato portare i pantaloni, un atto che in Sudan, terra della sharia, è considerato oltraggio alla “moralità pubblica” e come tale va punito con quaranta frustate. Lubna e altre quindici donne, colpevoli dello stesso reato, vengono caricate su una camionetta, picchiate, portate in prigione. Un castigo inflitto ogni anno a migliaia di donne, che subiscono in silenzio. Per vergogna. Ma Lubna non ha nessuna intenzione di tacere. “Possono anche darmi quarantamila frustate, ma io non starò zitta”. Non ha paura di sfidare apertamente l’assurda legge degli uomini. Nata in un villaggio povero e tradizionalista, orgogliosa del suo faticoso e quotidiano percorso di emancipazione, ci conduce con il suo cuore di donna nel cuore nero di uno dei paesi più integralisti e misogini di tutto il mondo arabo-musulmano, un paese in cui basta rientrare tardi dal negozio di alimentari per essere marchiata come “prostituta”, e la parola di quattro uomini per venire condannata alla lapidazione.
Tiziano Ferro è un artista completo. Con una grande dote: la curiosità. E Poi la voglia di cambiare, di non adgiarsi (“Sono un perfezionista” dice di sè “devo sempre superarmi” ) e di continuare a rischiare. Perchè non è da tutti andare a bussare a “mostri sacri” della musica italiana come Fossati e Battiato e convincerli (senza nemmeno faticare troppo) a mettersi in gioco con lui. Non è da tutti superare steccati tra generi musicali e duettare con una rock band come i Linea 77. Non è da tutti ammettere la propria fragilità e farne un punto di forza. È per tutta questa serie di ragioni che oggi, da poco compiuti trent’anni, Tiziano Ferro è considerato un “fenomeno”, amato senza riserve da un pubblico sempre più vasto, rispettato dai colleghi e considerato e stimato anche da quegli stessi critici che all’inizio lo avevano bollato come “Ennesimo fenomeno pop usa e getta per ragazzine”.
Le altre facce della storia. Dietro le quinte dei grandi eventi
Lingua: Italiano
I lettori del “Corriere della Sera” chiedono spesso, nelle lettere che inviano a Sergio Romano, informazioni su personaggi che hanno lasciato tracce importanti nella storia, pur non essendo stati protagonisti assoluti. Nelle sue risposte, Romano restituisce in poche decine di righe non solo i tratti essenziali di una personalità, ma anche dell’epoca in cui quei personaggi sono vissuti. Questo libro raccoglie, sapientemente rivisti e rielaborati, 100 di quei ritratti: da Margherita Sarfatti a Edgardo Sogno, da Gobineau teorico del razzismo a Dunant fondatore della Croce Rossa, dai gerarchi nazisti ai generali e diplomatici italiani. Il risultato è una galleria (in senso letterale: ciascuno dei 100 personaggi è illustrato con un medaglione in bianco e nero) che ci fa cogliere il senso della storia e delle azioni degli uomini e delle donne che hanno contribuito a farla.
E’ probabilmente vero che l’utilizzo dei virus come arma batteriologica rappresenta oggi una delle più temibili minacce nei confronti dell’umanità. I virus entrano nel nostro corpo silenziosamente e ne invadono le cellule senza farsi notare. Uno di loro, quello del vaiolo, nel ventesimo secolo ha ucciso trecento milioni di persone. E oggi che abbiamo gli strumenti per opporci a questi antichi avversari, ne emergono di “nuovi” (Ebola, Hanta virus e il terribile HIV). Saremo in grado di farvi fronte? O saranno loro ad avere la meglio?
Aher non è orfano. Aher in Sudan una famiglia ce l’ha. Ha una mamma e un papà, e dei nonni. Anche se di loro non si ricorda niente e non sa se li rivedrà di nuovo. Aveva tre anni, forse quattro, quando suo zio se l’è caricato in spalla e l’ha portato via. Non c’era altra possibilità per sottrarlo alla violenza della guerra civile. Dopo giorni e giorni di cammino, all’arrivo al campo profughi in Etiopia non trovano nessuno ad aspettarli. Niente cibo, né acqua, né medicine. C’è solo un lago con l’acqua ricoperta da una patina scintillante, che lo zio gli impedisce di bere. Ci sono fantasmi di uomini e donne che a stento si reggono in piedi. E tanti bambini e ragazzi, loro sì orfani, e senza qualcuno che se ne prenda cura. Vengono chiamati ragazzi perduti, ma nessuno li sta cercando. Quelli più piccoli a volte piangono, sentono ancora la mancanza della mamma, ma per poco, perché poi bisogna lottare per sopravvivere. Quando anche lo zio lo lascia solo, Aher diventa uno di loro. Saranno la sua famiglia, i suoi compagni di cammino, a volte di gioco, il suo sostegno. A cinque anni Aher ha già affrontato fame, sete e malattie. Ha già visto la morte da vicino, e camminato per giorni e giorni. Eppure il suo viaggio – seimila chilometri attraverso il continente africano deve ancora cominciare. Intensa e coinvolgente, la storia di un ragazzino coraggioso che non si è mai arreso alla follia degli uomini.