Ci è o ci fanno? I cosiddetti disturbi d’apprendimento
Lingua: Italiano
Che cosa “non funziona” quando uno studente va male a scuola? A chi può essere imputata la colpa dei suoi insuccessi? Alla sua testa o all’istituzione? I teorizzatori dei “disturbi d’apprendimento” dicono: se non li difendiamo con delle diagnosi specifiche ce li bocciano. I duri della scuola dicono: non hanno voglia di studiare. La famiglia, spesso disorientata, sta a guardare e raccoglie i cocci. Questo libro boccia le letture antitetiche e promuove nuove proposte di insegnamento. Un libro scritto a quattro mani. Due appartengono ad un profondo e smaliziato conoscitore dei DSA, dei BES che, avendo avuto a che fare per anni con tentativi di iper-uso o addirittura abuso dei DSA, suggerisce un uso intelligente della normativa. Le altre due sono di uno studioso di cose scolastiche, attento alla crisi della scuola e disincantato rispetto ai “rimedi” che dovrebbero risolvere i suoi nuovi problemi, figli dell’aumento esponenziale delle difficoltà di insegnamento e non di quelle di apprendimento. I due autori hanno spesso lavorato insieme, conoscono ognuno le idee dell’altro, si stimano reciprocamente e sono la prova che approcci diversi possono vivere in utile simbiosi.
Probabilmente ci sono state persone – santi, grandi atleti, stelle del cinema, rampolli di miliardari – che non hanno mai conosciuto l’invidia, ma consentiteci di dubitarne. Errare è umano e invidiare, incontestabilmente, anche. Quanto ai filosofi, si potrebbe dire che Soren Kierkegaard, piccolo, gobbo e sicuro di non vivete a lungo (e, visto che è morto a quarantadue anni, non si sbagliava), avrebbe dovuto avere molto da invidiare. Invece, ha scelto di studiare l’invidia, rilevando, fra le altre cose, che essa sembra essere ancora più grande in una società che ha come scopo dichiarato l’uguaglianza. Nietzsche dal canto suo pensava che “qualche volta abbiamo un amico grazie alla fortunata circostanza di non avergli mai dato ragione di invidiarci”. Segreta e fredda ostilità, desiderio impotente, rancore, tutto si coagula nel cuore dell’invidia. L’invidia offusca il pensiero, scrive Epstein, annienta la generosità, avvizzisce il cuore. E giunge alla conclusione che fra i sette vizi capitali solo l’invidia non ha alcun lato piacevole. Con grande ironia, l’autore passa in rassegna gli innumerevoli oggetti dell’invidia, compresi bellezza, talento, ricchezza, potere e giovinezza, e ci fa scoprire l’intenso tocco di malignità che tormenta l’invidioso: perché lui sì e io no?
Ennio Italo Rao convinto che le lingue siano i mattoni delle civiltà, studia la lingua parlata nel territorio, analizzandone tutte le sfumature e le coloriture. Da una tale analisi ne viene fuori un interessante studio sui vocaboli, sui costrutti sintattici, sulle regole grammaticali e sui detti del luogo che di esso sono manifestazione. Nella disamina di questi elementi, il lettore entra in contatto con un mondo bucolico e “genuino”, distante dalla forte globalizzazione linguistica nell’ultimo secolo accentuata dall’operato dei mezzi di comunicazione di massa. In particolare, il lettore del luogo scopre di essere il “madrelingua” di una lingua antica, fondamentalmente latina, ma al contempo greca, francese, castigliana, catalana, araba, provenzale, normanna. Egli apprende che la lingua non è il solo mezzo con cui scambiarsi idee, informazioni e opinioni, ma rappresenta il modo di essere dell’uomo, il riassunto “parlato” della vita di decine di generazioni.
Alberto Varvaro sceglie di partire da una definizione della filologia assai ampia: quella che considera problematico qualsiasi aspetto di qualsiasi testo, orale o scritto, e fa di questa problematicità l’oggetto della disciplina. La successiva trattazione dei diversi aspetti di questo tema, esposti in forma piana e illustrati con esempi tratti da una vasta gamma di testi (anche se con riferimento preferenziale al mondo del romanzo medievale, di cui l’autore è specialista), privilegia naturalmente i testi scritti di carattere letterario, ma ha sempre cura di tener presente che i problemi esaminati si presentano anche nei testi scritti non letterari e anche nei testi orali di qualsiasi tipo. Il libro tratta i problemi della costituzione del testo ma non considera che essi esauriscano l’ambito della filologia, poiché il testo rimane problematico anche dopo che sia stato costituito correttamente. Per questo motivo esso è preso in esame sotto tutti i suoi profili di enunciato, sia quando è formulato da un autore e si rivolge a un pubblico intenzionale, sia quando è ricevuto e interpretato anche da individui cui l’autore non pensava affatto o addirittura che escludeva. Che è poi quanto accade con la massima parte delle opere del passato o di tradizioni diverse da quella cui noi lettori apparteniamo.
“Perché è nato Lord ed è alto più di sei piedi!”. Questa, nelle parole di John Keats, la vera ragione dello strepitoso successo di George Gordon Byron. E c’è già, in questo sferzante giudizio, lo sguardo che osa spingersi oltre la barricata di una leggenda vivente, di Byron e soprattutto del “byronismo”, di un’efficacissima costruzione di sé quale luciferino seduttore, signore dei salotti londinesi. Riprendendo l’intuizione keatsiana, Franco Buffoni ci svela definitivamente l’uomo Byron: capace di amare soltanto ragazzi, ossessionato dal rimpianto per il suo grande amore perduto, Edleston, in una società quella inglese del primo Ottocento – in cui l’omosessualità era punita con la gogna e l’impiccagione. Dietro la maschera del fratellastro incestuoso e dell’homme fatal, c’è dunque la verità di un’intera vita in fuga, costretta a celare un segreto “infamante” conosciuto solo da pochi. Tra questi, il servo-amante Fletcher, coetaneo di Byron, che in questo libro rivela molte vicende finora taciute nelle biografie ufficiali del poeta: dall’iniziazione alla corte di Alì Pascià in Albania, durante il grand tour, al suo innamoramento non corrisposto per Shelley, dal misero fallimento del suo matrimonio di facciata alla passione per Lukas, giovane patriota con cui Byron si legò durante la sua ultima, fatale avventura politico-militare in Grecia.
“… nelle pagine che seguono ho affrontato Tolkien partendo non dalle sue opere maggiori, ma da quelle considerate secondarie e – nel secondo capitolo – più elementari, nella convinzione che se ne potessero trarre elementi utili allo studio dell’”Hobbit” e del “Signore degli Anelli”. Si prenderanno quindi le mosse dal “Silmarrillion”, che è un ambizioso tentativo di scrivere una saga nordica in tempi moderni, per passare poi – con un notevole calo di tono – alle operette che Tolkien scriveva per i suoi figli o per puro svago …” (M. Morini)
La traduzione è un’arte che matura nella pratica e per diventare (buoni) traduttori non esiste altra via se non quella del tradurre quotidiano. Ma è possibile trarre insegnamento dalla pratica altrui? Si può andare ‘a bottega” da un traduttore? L’autore di queste pagine pensa di sì: c’è modo di sostenere e favorire il processo di apprendimento e migliorarne la qualità, attraverso l’uso di esempi, l’esplicitazione di strategie, procedure e strumenti, la previsione degli errori. Questo volume si rivolge ai traduttori in erba, agli studiosi di traduzione e ai professionisti desiderosi di aggiornarsi su teorie, strategie, procedure e strumenti messi a punto dai maggiori esperti del settore negli ultimi cinquant’anni. Il traduttore è accompagnato nelle fasi di analisi del testo, stesura e revisione, ma anche nella riflessione critica sul proprio lavoro e sulle aspettative di lettori, recensori, committenti.
Che cosa sono le parti del discorso e a che cosa servono? Quante e quali sono? In base a quali criteri si individuano? La classificazione tradizionale (nome, aggettivo, verbo ecc.) è adeguata per una descrizione scientifica dei fenomeni linguistici? In questo volume le classi di parole della grammatica tradizionale e le loro definizioni e suddivisioni interne sono confrontate con i criteri che la linguistica moderna utilizza per descrivere i fatti linguistici. Da questo esame emergono i punti forti e le debolezze della dottrina tradizionale e alcuni principi su cui basare una sua revisione.
Valutazione e partecipazione. Metodologia per una ricerca interattiva e negoziale
Lingua: Italiano
Che cosa significa valutare gli interventi e i servizi sociali (sanitari, assistenziali, formativi, ecc.) in una società complessa e democratica? La valutazione è materia riservata a esperti, decisori e management oppure possono (e devono) entrare in gioco altri attori sociali (operatori e cittadini in primis)? La partecipazione può essere ridotta alla mera somministrazione di questionari di soddisfazione ai “clienti”? E questi “clienti” sono davvero “al centro”, come recita la vulgata corrente? Il volume risponde in modo approfondito a questi interrogativi sulla base dell’esperienza di molti anni di studi, ricerche, consulenze, corsi e saggi. Il testo propone un ampio ventaglio di tecniche di ricerca sociale e valutativa, in un’ottica di integrazione metodologica, con un’approfondita disamina critica dell’uso e dell’abuso dei questionari, un’attenzione alle prassi dell’osservazione e della narrazione, un rilievo specifico alle tecniche di gruppo in quanto particolarmente coerenti con un’ottica partecipativa. Interrogandosi anche sulle nuove opportunità offerte alla ricerca dall’informatica e dal web.
Slow wine 2016. Storie di vita, vigne, vini in Italia
Lingua: Italiano
In Slow Wine non ci sono solo giudizi e descrizioni organolettiche delle etichette, ma una vera e propria narrazione del vino dove la conoscenza profonda e diretta delle cantine e dei vini è assoluta protagonista. In Slow Wine 2016 troverete i Vini Slow, portatori di valori qualitativi, culturali, di tradizione e di sostenibilità, i Grandi Vini, etichette eccellenti, e i Vini Quotidiani, il meglio a meno di 10 euro in enoteca. E per le aziende gli stessi valori sono espressi da tre simboli: la Chiocciola, la Bottiglia e la Moneta.