Cesare Maestri, il “ragno delle Dolomiti”, uno dei più forti alpinisti italiani di tutti i tempi, racconta le sue scalate memorabili e, attraverso di esse, i momenti più importanti della sua esistenza, spesa alla ricerca della piena realizzazione di se stesso. La storia di uno scalatore cui la montagna ha regalato grandi gioie ma anche inflitto profondi dolori. Un’autobiografia in cui l’autore non rinuncia a mettersi in discussione come sportivo e come uomo. Una riflessione sviluppata nella solitudine delle arrampicate e nel silenzio della notte. Un libro sull’alpinismo che ci parla di vita, di dolore, di morte e del rapporto con le persone che ci accompagnano durante il nostro cammino, non necessariamente in verticale.
“Non capisco perché non trovate un uomo, siete così belle e intelligenti”. Così inizia la tipica conversazione tra Shelina e le sue due amiche Sara e Noreen, single come lei. È il primo dei sei stadi dell’autocommiserazione, come li ha ribattezzati Shelina. Da lì si passa a: Dove sono finiti gli uomini decenti? I migliori sono tutti impegnati (stadio 2), forse non esistono più (stadio 3). O forse siamo noi quelle sbagliate (stadio 4). Al quinto stadio esplode lo sgomento: non ci sposeremo mai e moriremo vecchie, zitelle e con la casa piena di gatti. Solo a quel punto arriva un barlume di speranza, il sesto stadio: l’uomo giusto è da qualche parte che aspetta noi, solo non è ancora pronto. Ogni donna sa di cosa si sta parlando. Nel caso di Shelina, la faccenda è ancora più complicata. Perché lei, nata in Inghilterra, studentessa di Oxford, e cresciuta a Grease, musica pop e curry, è di origini musulmane. E nella sua cultura trovare quello giusto è una cosa seria, un’impresa collettiva che coinvolge tutta la famiglia. Shelina non si fa mancare niente di ciò che fanno le sue coetanee in cerca d’amore: appuntamenti al buio, i dubbi: gli piacerò, mi piacerà, come mi devo vestire, chiamo io o aspetto che mi chiami lui? Le delusioni, per quello che non si fa più sentire, quello che mi piaci, ma sei troppo bassa, quello che la lascia aspettare due ore al bar per vedere finire la partita. Solo che per lei, gli incontri sono “allargati”, e tutti, genitori, cognati, lontane zie comprese, dicono la loro.
Buoni e cattivi, santi e streghe, cristiani ed eretici: il mondo medievale è fatto di estremi opposti. Così come opposte e diversissime sono le opinioni degli storici sul periodo buio, violento e retrogrado delle crociate e della caccia alle streghe, che molti ormai riconoscono come un’epoca ricca di cambiamenti e innovazioni in campo culturale, scientifico e letterario. Eventi storici di grande portata, provocati da personaggi più o meno noti ma comunque emblematici, che qui troverete divisi a seconda del loro mondo di appartenenza: Occidente, Oriente e Immaginario. Nel Medioevo vissero papi e condottieri spregiudicati, come Guglielmo il Conquistatore, papa Urbano 11, Gengis Khan. Pochi stinchi di santi tra loro, d’altra parte lo sappiamo che non era periodo per anime gentili, ma vi fu anche chi fece della conoscenza il suo scopo di vita: Leonardo Fibonacci, Federico II, Johannes Gutenberg, Francesco Bacone, Avicenna. E poi c’è il Medioevo della fantasia, quello popolato da cavalieri, draghi e principesse: il mondo di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda, di Perceval e del sacro Graal, di Morgana la fata cattiva e di san Giorgio, spauracchio di terribili draghi. Attraverso i ritratti degli straordinari personaggi di allora, questo libro ci consegna uno stupendo affresco di un’epoca affascinante e, a ben vedere, non così lontana quanto si crede.
Secondo Semi la metapsicologia psicoanalitica è un modo di pensare: è il modo specifico in cui la psicoanalisi parla ai non psicoanalisti. Perciò questo libro, che ripercorre il cammino attraverso il quale la metapsicologia si forma nel pensiero di Freud, ha le caratteristiche di una visita guidata, utile a coloro che si confrontano con un interrogativo antichissimo: come possiamo pensare all’animo umano?
È stata probabilmente la più talentuosa, la più ricca, la più famosa e più amata pop star del pianeta. Il 25 giugno 2009, giorno della sua morte, milioni di fan lo hanno pianto, grati che il grande artista abbia lasciato al mondo la sua musica senza tempo. Eppure, quell’ondata di commozione aveva un sapore dolceamaro. Il Peter Pan della canzone da quindici anni era inseguito da scandali e accuse che lo avevano prostrato e prosciugato economicamente. Profondamente solo, si era spesso affidato alle persone sbagliate, approfittatori e avvoltoi che non si sono fatti scrupoli a sfruttare il suo genio e la notorietà connessa. Ma il pericolo più grande per lui era la sua famiglia, il padre soprattutto, aggressivo, spregiudicato e affamato di soldi, ma anche i fratelli, con cui aveva diviso il successo giovanile dei Jackson 5. “Adesso capisci perché sono così?” ha chiesto un giorno in lacrime a un suo amico, mentre nella sua stessa casa si nascondeva dai genitori, che pretendevano una montagna di soldi per partecipare ai festeggiamenti per il Trentesimo Anniversario del loro figlio. “Come potrei essere diverso?” Geniale, perfezionista, instancabile sul palco, amorevole e premuroso con i figli, generoso con amici e sconosciuti. Fragile, bisognoso di affetto, insicuro, spendaccione, staccato dalla realtà, barricato nel suo mondo, di cui la reggia di Neverland era il riflesso. Forse semplicemente umano, mai davvero compreso dai media, dai fan, da chi gli è stato vicino.
Juliette Gréco si rivela e ricorda. Dalle serate con Boris Vian alle prime esperienze teatrali, ai concerti su palcoscenici mitici come il Bobino e l’Olympia alla conquista dell’America. Senza censure, la star francese ricorda momenti drammatici come le sofferenze legate alla sua prigionia e alla deportazione di sua sorella e di sua madre, attivista della resistenza durante la seconda guerra mondiale, ma anche gli incontri indimenticabili che le hanno cambiato la vita: Charlie Parker, Miles Davis, Jacques Prévert, Raymond Queneau, Serge Gainsbourg e Françoise Sagan. In questo libro la cantante e attrice racconta tutto quello che ha fatto e vissuto, rifiutando di parodiare se stessa rinchiudendosi nel mito. Una donna viva, che a dispetto del suo gusto per il segreto si presta con eleganza al gioco dei ricordi.
Questo libro completa la storia dei marchesi Casati Stampa di Soncino, che il 30 agosto del 1970 ebbe il suo tragico epilogo con l’uccisione della moglie e del giovane ritenuto suo amante da parte del marchese Camillo, il quale poi a sua volta si suicidò. Tra esoterismo e fenomeni paranormali, la defunta Anna Fallarino, evocata nel corso di alcune sedute spiritiche, narra in prima persona episodi ancora sconosciuti della sua vita. Vengono quindi rivelate le origini del comportamento liberale della coppia e descritte le feste molto particolari che si svolsero nella Villa San Martino di Arcore ai tempi in cui era abitata dai marchesi e dove ancora oggi sembra si aggiri lo spirito inquieto di Camillo Casati, in cerca di una pace che difficilmente riuscirà a conseguire in un luogo segnato da un’antica maledizione.
“Alla mamma piacevano le massime, le citazioni, gli slogan. Sulla parete della cucina c’erano sempre attaccati dei bigliettini. Ad esempio la parola “pensa”. Ho trovato “pensa” fissato con una puntina da disegno alla bacheca nel suo studio. L’ho visto appiccicato con lo scotch a una scatola di matite su cui aveva fatto un collage. Ho perfino trovato un libretto intitolato “pensa” sul suo comodino. Alla mamma piaceva “pensare”.” Inizia così l’indimenticabile mémoir che Diane Keaton, attrice nota in tutto il mondo, musa ineguagliabile di Woody Alien e brillante interprete di film di grande successo, dedica a se stessa e a sua madre, l’adorabile e complicata Dorothy, scomparsa di recente. Per raccontare la propria storia, infatti, Diane si è resa conto che doveva raccontare anche quella di sua madre, rivelando come il loro strettissimo legame sia stato determinante per i destini di entrambe. Attingendo alle migliaia di pagine di diari che Dorothy aveva tenuto per gran parte della sua vita – istantanee di una donna concentrata sul suo ruolo di moglie e madre, ma costantemente pervasa da una grande energia creativa e intellettuale – Diane Keaton traccia non solo un ritratto personalissimo di sé, ma anche di quattro generazioni della sua famiglia, chiaro esempio del sogno americano.
Nel 1993 l’Italia fu sconvolta da un caso di omicidio familiare senza precedenti: Rosalia Quartararo uccise la figlia diciottenne e ne occultò il cadavere in una roggia della Bassa lodigiana. Per gli inquirenti il movente fu passionale: la donna si sarebbe innamorata del fidanzato della giovane e, in preda a un furioso attacco di gelosia, avrebbe eliminato la “rivale” con ferocia inaudita. Rosalia fu condannata all’ergastolo e inserita nei trattati di criminologia tra le assassine più spietate. Per cancellare l’etichetta di mostro attribuitale dai media, Gianluca Arrighi ne ha ricostruito la complessa vicenda processuale cercando di rispondere a una domanda cruciale: cosa scatta nella mente di una madre che uccide la figlia? Con una prosa secca e incisiva Arrighi accompagna il lettore nella difficile esistenza di Rosalia, tra Palermo e Milano, costellata di drammi e violenze, fornendoci uno spaccato della vita carceraria femminile, segnata dai soprusi e dall’indelebile marchio d’infamia che bolla le detenute figlicide. Questo doloroso viaggio ci obbliga a fare i conti con la sofferenza di una donna che in vent’anni di reclusione è morta giorno dopo giorno schiacciata da strazianti sensi di colpa, ma che è tuttavia riuscita a trovare una speranza e una possibilità di redenzione in un luogo dove vige una legge primordiale e inviolabile: quella del vincolo di sangue.
Abbiate pietà di mio figlio. Le lettere ritrovate dei deportati ebrei al Velodromo d’Inverno
Lingua: Italiano
Quello che i parigini chiamavano Vél d’Hiv, il Velodromo d’Inverno, era un edificio dedicato allo sport, capace di contenere 17.000 spettatori. Un tempio consacrato allo svago nel cuore della città. Quanto di più stridente con l’uso ignobile cui fu piegato quando vi furono ammassati migliaia di inermi cittadini ebrei destinati alla deportazione: il rastrellamento del 16 e 17 luglio 1942, infatti, è uno degli episodi più vergognosi e tragici della Seconda guerra mondiale. Per ordine del governo di Vichy, 3.031 uomini, 5.802 donne e – fatto mai accaduto prima – 4.051 bambini vengono strappati dalle loro case e rinchiusi nello stadio. In condizioni disumane, fra i disagi, la disperazione, qualcuno riesce a scribacchiare una lettera che, grazie alla buona volontà di qualche carceriere, arriva a destinazione. Sono messaggi essenziali attraverso i quali conosciamo la quotidianità della prigionia. Alcuni traboccano di speranza: sono quelli di chi, ignaro della propria sorte, osa pensare al futuro; molti altri, invece, vanno dalla preoccupazione alla consapevolezza di un non ritorno. E alcuni, i più toccanti, sono quelli che danno voce allo strazio per i più piccoli: la madre che affida il figlio a degli sconosciuti, il fratello maggiore che si angoscia per il pianto del fratellino, la ragazzina che chiede perdono ai suoi cari per chissà quali mancanze. “Abbiate pietà di mio figlio” raccoglie queste sconvolgenti lettere, riunite qui per la prima volta. Prefazione di Tatiana de Rosnay.