Con Van Gogh comincia il dramma dell’artista che si sente escluso da una società che non utilizza il suo lavoro, e ne fa un disadattato, candidato alla follia e al suicidio. Non soltanto l’artista: una società pragmatistica che assegna al lavoro il solo fine del profitto non può che respingere chi, pensoso della condizione e del destino dell’umanità, smaschera la sua cattiva coscienza. Il posto di Van Gogh è accanto a Kierkegaard, a Dostoevskij: come costoro s’interroga, pieno d’angoscia, sul significato dell’esistenza, del proprio essere-nel-mondo.