Se viceversa. Trenta pezzi facili e meno facili di matematica
Lingua: Italiano
Troppo spesso la matematica è considerata uno sterile esercizio, nel quale è sufficiente applicare le formule stampate nel libro di scuola per risolvere il problema che l’insegnante ha dettato alla lavagna (e sperare così di ottenere almeno un 6). È un errore colossale, che condanna la matematica ad essere concepita esclusivamente come un defatigante lavoro automatico e noioso, complesso solo in quanto intricato. Non c’è da stupirsi che generazioni di studenti, formati in questo modo, la trovino ostica e antipatica. Ma la matematica non è questo. Basterebbe insegnare ai ragazzi a trovare la formula, col ragionamento, invece che semplicemente applicarla, dandola per scontata, e cambierebbe tutto. Una dimostrazione matematica non è mai una scorciatoia che qualcuno ha trovato (chissà come) per fare i calcoli più in fretta; semmai, come scrive Gabriele Lolli, “è più simile ad una passeggiata, senza fretta, con deviazioni e ritorni e visite su percorsi laterali, in un paesaggio abitato da pensieri e parole”. La matematica della scuola non abitua a pensare; è più simile allo studio della religione, nel quale si forniscono “verità” date per appurate, da mandare a memoria, senza badare al fatto che le si sia “capite” o meno e, soprattutto, negando agli studenti la gioia (e il brivido) di trovare da sé una propria verità, sulla quale poi discutere e argomentare. Che è poi quello che la matematica (quella vera) fa continuamente.